Francesco Vernelli

Francesco Vernelli

Tra fare e parlare c’è di mezzo il mare

Quando abbiamo deciso di investire maggiormente nella comunicazione del nostro Studio eravamo consapevoli che sarebbe stato un investimento oneroso. Non in senso economico (aspetto peraltro da non sottovalutare) ma soprattutto per le energie che avremmo dovuto spendere anche su questo versante. Ci siamo accorti da subito che, anche con l’aiuto di un professionista della comunicazione, il nostro contributo non poteva venire meno. Per “nostro”intendiamo davvero quello di ogni membro dello studio.  Scrivere, commentare e discutere di temi economici, finanziari e gestionali richiede una competenza piuttosto precisa e anche abbastanza aggiornata sulla quale è necessario investire tempo e competenze. Ora il punto secondo noi è capire fin dove possiamo spingerci a “parlare” di quello che facciamo senza trascurare troppo il nostro lavoro. D’altra parte è anche vero che più comunichiamo (online soprattutto) e più riusciamo a far capire ai nostri clienti quali sono le nostre competenze, i nostri valori (peraltro è il motivo per cui abbiamo deciso di farlo). Si tratta di trovare un equilibrio che non sempre è facile da individuare. Così come non è facile distinguere, per il pubblico, se dietro molta comunicazione ci sia davvero altrettanta competenza.  Il fatto è che la competenza è il primo componente di una buona comunicazione. Ma la competenza va custodita e curata con molta attenzione. Noi prima di tutto ci sentiamo custodi della competenza che abbiamo costruito, con impegno e tenacia, in questi anni. La linea che ci siamo dati è quella di dimostrare, ogni volta, la nostra competenza e offrire, il più possibile, informazioni e notizie utili anche a chi ci legge la prima volta. Anche questo spazio, fatto di aggiornamenti periodici, ha questo obiettivo. Un vecchio adagio diceva che “tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare”: un mare vasto, a volte periglioso, sempre faticoso da attraversare. […]

Strategia per le operazioni straordinarie

Nel pianificare ed eseguire le operazioni straordinarie è opportuno analizzare quali sono le motivazioni alla base delle stesse. Con il termine operazione straordinaria si fa riferimento a un’ampia classe di operazioni volte a riconfigurare la struttura aziendale, le risorse patrimoniali, i profili gestionali e organizzativi, gli assetti di governo e le risorse umane; si pone, quindi, l’accento sulla straordinarietà, sull’eccezionalità dell’operazione rispetto all’ordinaria attività caratteristica e sul fatto che essa incide profondamente nella vita aziendale. Le operazioni straordinarie, nello specifico, possono essere la trasformazione, la fusione, la scissione, il conferimento, la cessione e la liquidazione; sono attività di finanza straordinaria di impresa che modificano l’assetto proprietario di due o più entità aziendali. Le logiche sottostanti alle operazioni straordinarie possono essere raggruppate nelle seguenti macro-categorie: riassetto organizzativo concentrazione riduzione del rischio aziendale creazione/organizzazione di un gruppo miglioramento del merito creditizio passaggio generazionale disinvestimento da parte della proprietà tax planning possibile quotazione in borsa Indubbiamente, le operazioni straordinarie rappresentano un valido strumento di crescita, attraverso il quale aumentare il valore dell’azienda e creare un forte distacco dai competitor; rappresentano, altresì, il punto di arrivo di un processo estremamente complesso, articolato su più fasi ove le parti direttamente implicate (azionisti, amministratori, manager) devono essere assistiti da consulenti altamente specializzati che hanno il compito di proporre l’operazione, effettuare l’analisi economico-finanziaria e assistere le parti nelle trattative. Quindi, prima di intraprendere un operazione straordinaria bisogna aver definito gli obiettivi strategici da compiere, avere una chiara visione del settore, del posizionamento competitivo dell’impresa, dei propri punti di forza e di debolezza. In altre parole, le scelte effettuate in sede di pianificazione dell’operazione devono essere sostenute da dati e scenari logicamente dimostrabili. Risulta, quindi, fondamentale l’apporto che può dare il consulente che in questa fase assume la veste di “advisor” in modo tale che supporti la Società […]

A cosa serve comunicare

La domanda è: perché uno studio di consulenza come il nostro dovrebbe comunicare? E poi, cosa dovrebbe comunicare? Non vi nascondiamo che la domanda ce la siamo fatta anche noi nel momento in cui abbiamo preso in considerazione l’idea di fare qualcosa in termini di comunicazione del nostro studio. Crediamo che ormai tutti i nostri colleghi abbiano capito che il mondo che viviamo oggi (e ancor più nei prossimi anni) è immerso nell’informazione, nella circolazione delle informazioni, nella possibilità di creare collegamenti tra queste informazioni e chi le produce. L’information and communication technology (la tecnologia dell’informazione e della comunicazione, ICT per gli addetti ai lavori e gli anglofoni) è sostanzialmente questo. Nell’oceano della comunicazione siamo immersi tutti e, a nostro parere, possiamo decidere se farci trasportare dalle onde e dalle maree o provare a fare qualche tentativo per determinare noi la direzione. Quindi, quando abbiamo deciso di comparire sui social network (scegliendo Linkedin al momento) e di pubblicare post come questo in uno spazio sul nostro sito, abbiamo fatto i primi passi per muoverci con maggiore consapevolezza in questo mare. Questa è la nostra risposta al “perché comunicare”. La seconda questione è: cosa comunicare? Sul web esiste già una quantità industriale di siti, pagine, contenuti più o meno tecnici (e più o meno affidabili), dedicati alla professione del commercialista. Sicuramente il nostro contributo non poteva essere nuovo o aggiungere tanto di più a quello che già si trovava. Ma comunicare non è soltanto far conoscere. Noi crediamo che comunicare, anche per professionisti come noi, significa rivelare un metodo e un modo di lavorare; diffondere una cultura della nostra professione che soprattutto di questi tempi è in trasformazione; avvicinare le persone meno preparate tecnicamente (ma curiose intellettualmente) ad argomenti talvolta difficili ma altrettanto affascinanti come quelli che nascono dai numeri. Ecco, […]

Guardare lontano, osservare da vicino

Le attività di gestione di impresa potrebbero riassumersi in questa frase. Dovremmo avere la capacità di tenere d’occhio un orizzonte ampio e lontano ma allo stesso tempo quella di indagare anche il più piccolo dei fatti economici di un’impresa per capirla fino in fondo. Ci sono due modi di camminare per le strade della città, di un posto mai visto, del mondo in generale. Il primo modo è quello di chi guarda dove mette i piedi, fa attenzione a ciò che calpesta, cerca di non inciampare e magari cadere. Il secondo è quello di chi guarda in alto, osserva quello che gli sta attorno, decide dove andare in base a quello che vede. Il primo modo è per chi pianifica, segue i piani, organizza e con metodo esegue. Il secondo è per chi cerca qualcosa di nuovo, scopre ciò che lo circonda, immagina e si lascia ispirare prima di scegliere. Ora la domanda è: che tipo di cammino è più giusto per chi deve guidare un’azienda, consigliarla, supportarla? Quale cammino deve scegliere per esempio un commercialista? Questo è uno di quei casi in cui, secondo noi, la prima risposta non è quella che conta. Perché, se è vero che il nostro lavoro è fatto di numeri, conti e molta pianificazione, è altrettanto importante che abbiamo la capacità di vedere quali sono le prospettive, gli sviluppi, il futuro. D’altra parte ci sembra che nella vita professionale quotidiana facciamo entrambe le cose. Utilizziamo metodo, precisione e accuratezza per studiare da vicino tutti gli aspetti di un’azienda: ci serve per poter conoscere nel dettaglio quello che accade, ricostruire i fatti economici, analizzare quelli finanziari, costruire bilanci e report che siano chiari, veritieri e utili. Poi, una volta che abbiamo capito come è veramente fatta l’azienda, alziamo la testa e cambiamo prospettiva. Dobbiamo essere […]

Quando la qualità è un valore

Quando 15 anni fa lo Studio Montedoro decise di dotarsi di una carta della qualità lo fece per un motivo in particolare: Claudio, titolare dello studio, sentiva il bisogno di qualcosa che potesse restituire un senso più ampio del suo lavoro e di quello dei suoi collaboratori. Perché, a farci caso, questo “pallino” per la qualità lo Studio Montedoro lo ha sempre avuto. Il suo fondatore, Claudio Montedoro, proviene professionalmente da un’azienda in cui ha lavorato come dirigente prima di percorrere la strada della professione. Probabilmente è lì che è maturata e ha trovato positivi riscontri la cultura della misurazione, dell’analisi, della quantificazione dei risultati rispetto a un servizio erogato. La qualità, lo sappiamo tutti, è un valore. Ma in questi tempi in cui di valori ci si riempiono i discorsi ma poco i fatti, lo Studio Montedoro voleva che ci fosse una traccia. Ecco, la certificazione è quella traccia. E la carta dei servizi è la mappa di quella traccia. Tiene conto di come e quanto chi ha scelto lo Studio Montedoro apprezza la collaborazione. Ma se la qualità è un valore e non solo un tema promozionale allora la mettiamo anche quando “in mezzo” non ci sono i clienti. Per noi la qualità è anche un modo, uno stile, con cui lavoriamo quotidianamente. Se è vero che gli strumenti ce li da una norma (la ISO 9001:2015), è altrettanto vero che ogni singolo collaboratore nello studio agisce avendo bene in mente uno standard qualitativo. E gli stessi strumenti propri del sistema qualità li abbiamo immaginati e costruiti con questo standard qualitativo. Lo standard qualitativo per noi è un insieme di metodo e di piccole azioni, anche semplici, con cui operiamo: significa che lo studio Montedoro non è un agglomerato di semplici, seppur validi, professionisti che, però, “cantano e […]

Grande è bello. Forse è anche necessario.

Le operazioni M&A hanno fatto record in Italia nel 2018. In base al report pubblicato lo scorso 29 settembre da KPMG Italia, dopo il rallentamento del 2017, il mercato italiano dell’M&A sembra confermare il trend di crescita degli ultimi anni, preparandosi a chiudere un 2018 da record, almeno in termini di numero di operazioni. Nei primi 9 mesi del 2018 si sono registrate 626 operazioni (+10% rispetto alle 567 del 2017), per un controvalore complessivo pari a 38 miliardi di Euro (+40% rispetto ai 27 miliardi del 2017). Di assoluta attualità e importanza sono gli accordi definitivi raggiunti tra la maison di moda Versace e il gruppo Michael Kors per 1,83 miliardi di Euro e la trattativa tra il gruppo KKR e FCA per Magneti Marelli. Oltre alle grandi operazioni che hanno coinvolto grandi Gruppi internazionali, è interessante evidenziare il contributo sempre più rilevante delle piccole medie imprese al mercato nazionale delle fusioni e acquisizioni. Secondo gli analisti questo trend è la diretta conseguenza del cambio generazionale nel tessuto imprenditoriale italiano nonché della sempre maggior consapevolezza delle dinamiche di un mercato oramai globale. Proprio dal processo di consolidamento domestico sono arrivate le sorprese più piacevoli, con 310 operazioni finalizzate tra società italiane, per un controvalore pari a 11 miliardi di Euro (12 mesi fa, il termometro era fermo rispettivamente a 266 operazioni e 6,7 miliardi di controvalore). Da segnalare l’acquisizione di Eden Viaggi da parte di Alpitour, che ha visto la nascita del maxi polo italiano del tour operating. Stabili per numero rispetto allo scorso anno (112), le acquisizioni di società estere da parte di operatori italiani hanno registrato un rilevante incremento in termini di controvalore medio (+41% valore complessivo). A contribuire a questo risultato, oltre alle acquisizioni finalizzate da Ferrero e Prysmian negli Stati Uniti rispettivamente del business dolciario di Nestlè […]

Come rappresentare al meglio la realtà economica di un’azienda?

L’analisi di bilancio, come già scritto nei precedenti articoli, è un preziosissimo strumento per una corretta comprensione delle condizioni economiche, finanziarie e patrimoniali dell’azienda, la cui comparazione nel tempo consente al management di orientare le proprie scelte operative, al fine di perseguire sia un equilibrio nelle tre dimensioni citate sia un vantaggio competitivo strategico, necessario se si vuole migliorare la propria redditività in maniera duratura e consistente. L’importante, però, è lavorare su dati contabili attendibili. Questa osservazione deriva dal semplice circostanza che dietro ai numerosi scandali finanziari che si sono registrati negli ultimi anni, sono venute a galla numerose manipolazioni dei dati contabili, al fine di risolvere i relativi problemi di gestione mediante un semplice “ritocco” dei conti. Di conseguenza, l’analista prima di iniziare ad approfondire lo studio dei risultati contabili, deve verificarne l’attendibilità, allo scopo di individuare possibili manipolazioni adottate dal management che vengono comunemente definite earnings manipulations, le quali a loro volta si distinguono in: manipolazione in senso stretto; frodi contabili. Tra le prime possiamo annoverare: l’allungamento della vita utile di un bene strumentale; il passaggio dal metodo LIFO al metodo FIFO per quanto concerne la valutazione delle rimanenze; il livello degli accantonamenti a fondi rischi e spese future; la capitalizzazione di costi di sviluppo anziché spesarli direttamente nel Conto Economico; nelle seconde abbiamo invece vere e proprie falsificazioni intenzionali di documenti o di alterazioni di voci contabili, ovvero l’assunzione di comportamenti assolutamente in contrasto con quanto previsto dai principi contabili che possono configurarsi in: registrazioni di vendite fittizie, di falsi dati inventariali, ecc.. Tutto ciò verrà attuato allo scopo di camuffare possibili perdite, invertire il trend negativo degli utili, posticipare il fallimento (con conseguente rischio di bancarotta fraudolenta documentale), facilitare l’ottenimento di finanziamenti da parte degli istituti di credito, ridurre il carico fiscale, riequilibrare il corso di borsa (in […]