Claudio

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Codice della crisi: organizzazione e controllo di gestione

Con l’entrata in vigore, a marzo 2019, degli articoli 375 e 377 del Codice della crisi d’impresa, per l’imprenditore diventa fondamentale valutare e monitorare non solo la costante adeguatezza dell’assetto organizzativo, ma anche la sussistenza dell’equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione. Ciò deriva dalla previsione contenuta nell’articolo 14 del Codice, in vigore a partire da agosto 2020, insieme al resto della riforma che, in realtà, racchiude tutto il senso e la portata della normativa sugli adeguati assetti: infatti è solo grazie ad un’adeguata organizzazione che l’imprenditore può attuare un efficace monitoraggio della crisi e della continuità aziendale. In questo scenario, l’imprenditore non può prescindere dal dotare la propria impresa di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che gli permetta, periodicamente, in proporzione alle dimensioni, alla complessità dell’azienda e alle risorse finanziarie ed umane, di verificare l’equilibrio economico-finanziario e l’andamento prospettico della gestione mediante l’utilizzo di strumenti che appartengono, tradizionalmente, al “sistema di controllo di gestione”. Da una lettura approfondita e coordinata della norma concernente gli adeguati assetti, possiamo desumere un sostanziale obbligo di istituire un adeguato sistema di controllo di gestione, idoneo a consentire verifiche consuntive e prospettiche in linea con quanto previsto dal riformato articolo 2086, del Codice civile, in merito alla necessità di rilevare tempestivamente la crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale. L’articolo 2 del Codice della crisi definisce lo stato di crisi come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. Allora, è evidente come solamente strumenti di controllo di gestione siano in grado di estrapolare tempestivamente le informazioni necessarie per monitorare sia gli elementi finanziari sia gli elementi prospettici contenuti nella nuova definizione di crisi. Per molti […]

Il vestito su misura di ogni impresa.

La Relazione sulla gestione costituisce un allegato di bilancio da redigere nel rispetto dei contenuti minimi prescritti dall’art.2428 del Codice civile. La predisposizione della Relazione è obbligatoria per la generalità delle società di capitali, con esonero di quelle che redigono il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis, comma 7, del Codice civile), e delle micro-imprese (art. 2435-ter, comma 2, del Codice civile), a condizione che questi soggetti illustrino apposite informazioni in Nota integrativa o in calce allo Stato patrimoniale. In base a quanto prescritto dall’art.2428, comma 1, del Codice civile, la Relazione deve contenere un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società, dell’andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa opera, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze ai quali la società è esposta. La Relazione si sostanzia in un documento di accompagnamento, il cui scopo è quello di fornire ai lettori un quadro “fedele” per la comprensione delle dinamiche aziendali, corredando i dati contabili con le informazioni riguardanti l’andamento economico, la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impesa. L’analisi dev’essere condotta in chiave sia attuale che prospettica e deve racchiudere le informazioni utili e coerenti con l’entità e la complessità degli affari della società, così come prescritto dall’art. 2428, comma 2, del Codice civile. Pertanto, occorre tenere in considerazione le esigenze informative dei destinatari e la complessità della realtà aziendale. Il redattore della Relazione ha il compito di individuare il numero e la tipologia delle metriche necessarie a fornire adeguate informazioni sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa. Resta fermo, con riferimento agli indicatori finanziari (art.2428, comma 2, del Codice civile), che l’informativa dovrebbe riferirsi almeno a tre esercizi raffrontabili tra loro, integrati da una nota esplicativa […]

Mani in pasta con il rendiconto consolidato

La “ricetta” per la redazione del rendiconto finanziario consolidato non prevede struttura e contenuto propri, ma occorre rifarsi alla normativa prescritta per il rendiconto finanziario. Con il D.Lgs. 18 agosto 2015, n.139, il rendiconto finanziario è diventato parte integrante del bilancio consolidato, insieme a stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa. Per l’estrema rilevanza delle informazioni che questo strumento è in grado di fornire, l’obbligo va salutato con soddisfazione, conseguente all’utilità che il lettore del bilancio consolidato ne ritrae. Premesso che il rendiconto finanziario dev’essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione finanziaria del complesso di imprese facenti parte dell’area di consolidamento, il legislatore impone che, laddove l’applicazione delle disposizioni normative non consentano di pervenire a questi obblighi, è a cura degli amministratori l’identificazione delle notizie supplementari che devono essere fornite, per raggiungere lo scopo. Questo comporta che il redattore del rendiconto finanziario si troverà a definire struttura e contenuti di questo documento in modo da fornire informazioni utili per interpretare ed evidenziare l’andamento finanziario del Gruppo. Per la struttura del rendiconto finanziario consolidato, si deve fare riferimento all’art. 32 del D.Lgs. n.127/1991, rubricato “Struttura e contenuto dello Stato Patrimoniale, Conto Economico e del Rendiconto finanziario consolidati”, il quale prevede che la struttura e il contenuto del Rendiconto finanziario consolidato è quello prescritto per i bilanci di esercizio delle imprese incluse nell’area di consolidamento, quindi, di fatto, per la sua costruzione si rinvia all’Oic 10, così come ribadito dal par.36 dell’OIC 17. Quindi, i redattori sono tenuti a scegliere se presentare uno schema di rendiconto finanziario consolidato con il flusso di cassa dell’attività operativa determinato con il Metodo indiretto oppure diretto. Oltre all’attività operativa, nel rendiconto finanziario consolidato, deve essere indicato anche il flusso di cassa derivante dall’attività di investimento e il flusso di cassa […]

La solidità degli indici

Gli indici (anche chiamati quozienti, rapporti , ratios) rappresentano una tra le più conosciute tecniche di analisi dei bilanci aziendali e vengono comunemente utilizzati per la loro “semplicità” di calcolo, la comprensibilità del risultato, la comparabilità delle tendenze e la valenza segnaletica degli andamenti economici e finanziari. Consentono di effettuare una valutazione dell’assetto economico globale delle imprese secondo solidità, redditività, liquidità e sviluppo. La fase preliminare per la corretta costruzione degli indici, consiste nell’analisi critica delle loro caratteristiche generali nelle circostanze nelle quali forniscono il maggior potenziale informativo: questo perché si rivelano degli efficaci strumenti di indagine soltanto se il loro utilizzo avviene in modo logico e non in maniera meccanica. In altri termini, pur esistendo dei ratiosvalevoli per nella maggior parte delle situazioni, altri possono essere costruiti ad hoc di volta in volta. Considerato singolarmente, un indice di bilancio, non fornisce informazioni rilevanti: deve essere necessariamente messo a confronto con parametri di riferimento (storici, sistemici, di settore, di comparto) ma, soprattutto, deve essere inserito in un sistema, all’interno del quale assumono primaria importanza le relazioni di interconnessione e di equilibrio. Per esempio, il grado di indebitamento, utilizzato in maniera isolata, non consente di effettuare giudizi circa la solidità dell’azienda. Ciò diventa possibile soltanto nel momento in cui viene posto a confronto con la situazione reddituale, il rischio finanziario dell’azienda, il grado di liquidità, il settore in cui opera e altri parametri di confronto. Lo studio e la comparazione sistematica degli indici aiuta il management a individuare le opzioni strategiche volte a mantenere l’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’impresa ponendosi al contempo l’obiettivo di aumentare la redditività. Per esempio, effettuando delle analisi su una serie storica di indici reddituali si può ottenere una visione di lungo periodo del rendimento economico dell’impresa, mentre comparando un indice con il benchmark o con il valore medio del settore […]